Oggi è il giorno della memoria che ci ricorda le vittime dell’Olocausto. In uno dei tanti Tg trasmessi alla televisione viene menzionata una frase d’effetto di Liliana Segre, sopravvissuta a quel genocidio. Nell’intervista, mi colpiscono queste parole: “Mai perdonato, mai dimenticato”.

Alcuni non capiscono perché si debba perdonare poiché ritengono che ciò impedisca di ricordare il male che è stato fatto, così si pensa di poterlo evitare. Ma è proprio riportandolo costantemente alla mente, in alcuni frangenti, che questo sopravvive e non lascia liberi.

Molti anni fa lessi uno dei libri di Anne Ancelin Schutzenberger, fondatrice della psicogenealogia. In un passo evidenziava la necessità di voltare pagina affinché la “patata bollente” non bruciasse più le mani passando da una generazione all’altra. 

Ebbene, il male non si ferma se lo rumini, lo rimugini, lo riporti alla tua attenzione e poi soffri. Puoi solo smettere di farti del male da solo, perdonando.

Circa dieci anni fa, iniziai a fare la terapia psicogenealogica su di me per fare esperienze che mi hanno segnato la vita in modo positivo. Da quel momento ho iniziato a convertire fatti dolorosi in lezioni importanti per la mia evoluzione. Mi ritrovai a fare esperienza di come le nostre memorie possano condurci a vivere in un certo modo, ad avere determinati eventi e una specifica morte… I traumi possono anche arrivare per linea diretta o trasversale ai discendenti, anche se non hanno vissuto direttamente l’esperienza. Pertanto, iniziai ad affiancare un anziano, ricoverato in ospedale. Noni l’avevo fatto prima ma sentivo che dovevo farlo.

Continuai a stare accanto a Luciano con tranquillità, sensibilità ed empatia, seppur versando qualche lacrima ogni tanto, soprattutto quando andava in crisi respiratoria. Provavo molta tristezza per quell’uomo sofferente. Sicuramente avrei voluto fare di più, per cui mi sentivo impotente. Iniziai pure a chiedermi se, forse, non sarebbe stato meglio che morisse, piuttosto che subire quelle catture che i medici a volte chiamano cure. 

Alla fine, morì il giorno della commemorazione delle vittime dell’Olocausto e, in tale occasione, vidi per l’ultima volta il suo corpo, giacente sul letto. Appariva scheletrico, straziato dalla pena, al punto da ricordare i prigionieri nei lager nazisti ritratti nelle foto trasmesse al telegiornale. Pensai che non era un caso che il suo decesso fosse avvenuto proprio quel giorno, che ci rammenta come la mente dovrebbe essere gestita dal cuore. Com’è possibile che avvengano certi eventi?! 

Inoltre, mi ricordai il motto: “PER NON DIMENTICARE”, che spesso viene ripetuto in quella giornata. Io però non volevo più ricordare lo strazio, il dolore, il senso della privazione e il martirio che l’essere umano si ritrova a subire o a perpetrare in certe occasioni. Stavo iniziando a guardare al mondo in modo nuovo. Così, decisi d’inventarmi un nuovo motto per dire ai vivi che non c’è bisogno di ricordare il male e la sofferenza bensì vivere nel benessere. Ciò per omaggiare anche coloro che non ci sono più. “CELEBRA OGNI GIORNO CHI SEI, ONORA TE STESSO CON OGNI TUO ATTO, SEGUI SEMPRE IL TUO CUORE E OSSERVA CHE SIA SEMPRE LEALE E SINCERO, POICHÉ CIÒ RENDE MERITO E BENE A CHI TI HA PRECEDUTO E A CHI VERRÀ”

Tratto dal mio libro, “La Rosa di Beltane”

Questo vuole essere un omaggio alle persone che hanno lottato per lasciarci un mondo migliore. E perché più persone inizino un cammino di trasformazione delle memorie disfunzionali per portare avanti un piano ambizioso di solidarietà e grande umanità. Lo dobbiamo ai nostri figli e alle generazioni future.

Claudia Mengoli – Crescita personale e benessere – LA VERSIONE PIU’ GRANDE

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